Nella vicenda oggetto di causa, un pilota veniva licenziato da una compagnia aerea per aver svolto, durante il periodo di fruizione della CIG anticipata dal datore di lavoro, attività remunerata presso altra compagnia aerea, finalizzata all’acquisizione di una diversa licenza di volo, senza aver preventivamente comunicato detto impegno né al datore di lavoro, né all’Inps.
In primo grado ed in appello il licenziamento era stato dichiarato illegittimo perché il lavoratore, all’esito del periodo di addestramento remunerato, non era stato assunto dalla diversa compagnia aerea, di talchè non era insorto alcun rapporto di lavoro soggetto all’obbligo di tempestiva comunicazione.
La Corte di Cassazione ha cassato il *decisum* dei giudici di merito, rilevando che l’obbligo di comunicazione preventiva a carico del lavoratore collocato in CIG dev’essere inteso nel suo significato più ampio.
In particolare, premesso che, in base alla previsione di legge, il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate e decade dal beneficio nel caso in cui non abbia preventivamente comunicato all’Inps lo svolgimento di detta attività, la Corte ha ribadito che, attesa la *ratio* del divieto di cumulo e la giustificazione sociale dell’intervento previdenziale, l’obbligo di comunicazione preventiva sussiste, a carico del lavoratore, anche se la nuova occupazione dia luogo ad un reddito compatibile con il godimento del trattamento di integrazione salariale e riguarda qualunque attività potenzialmente remunerativa, a prescindere dall’effettivo conseguimento di un reddito in concreto o dalla notizia che l’Inps ne abbia avuto *aliunde*.
In particolare, secondo la Corte, l’ambito delle attività soggette all’obbligo di comunicazione preventiva va riferito estensivamente all’insieme di condotte umane caratterizzate dall’utilizzo di cognizioni tecniche (anche se del genere più vario e della più diversa complessità), che siano oggettivamente idonee a produrre un reddito, a prescindere dalla forma negoziale nella quale esse siano svolte.
Il Giudice del rinvio dovrà ora stabilire se, nella specie, alla luce di principi sopra richiamati, l’omessa comunicazione da parte del lavoratore integri la condotta illecita oggetto di addebito disciplinare ed altresì valutare la proporzionalità fra la sanzione del licenziamento e il comportamento contestato.