La Corte di Cassazione ha deciso di non sollevare la questione di legittimità costituzionale riguardante l’art. 452 undecies C.P., nella parte in cui non prevede che la confisca delle cose che costituiscono il prodotto od il profitto del reato o che servirono a commetterlo non trovi applicazione anche nei casi di condanna per i reati ambientali previsti dal D.Lgs. n. 152/2006, qualora l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza/bonifica dei luoghi colpiti dalla condotta criminosa.
Ad onor del vero, nel caso trattato dalla Corte di Cassazione era in discussione la legittimità della confisca obbligatoria di un automezzo utilizzato per il trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, in applicazione di quanto previsto dall’art. 260 ter, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 152/2006, secondo il quale:
“4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.
- Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 256”.
Di primo acchito, data la eterogeneità dei beni presi in considerazione, sembra arduo comparare la confisca di un singolo automezzo utilizzato per un trasporto illecito di rifiuti con la confisca che investe per lo più beni immobili (“porzioni estese del suolo”, recita l’art. 452 bis C.P.) colpiti da fatti di inquinamento ambientale o di disastro ambientale, associata ai gravi delitti dolosi di cui all’art. 452 undecies C.P.-
In realtà la Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità di questa ultima disposizione, “… potendosi escludere che l’omessa previsione di un’ipotesi di disapplicazione della confisca in relazione alle fattispecie contravvenzionali contemplate nel codice dell’ambiente comporti la violazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale costituzionalmente garantito”.
In questo modo l’analisi comparativa della Corte di Cassazione è andata oltre il solo trasporto non autorizzato e la correlata confisca (artt. 256, comma 1 e 260 ter del D.Lgs. n. 152/2006), spingendosi a considerare pure- almeno così sembra dalla lettura della motivazione – tutte le altre contravvenzioni del così detto Codice dell’Ambiente, per le quali è prevista – in caso di condanna – la confisca obbligatoria delle cose che costituiscono il prodotto od il profitto del reato o che servirono a commetterlo, ovverosia:
– l’art. 256, comma 3 (realizzazione o gestione di discarica abusiva di rifiuti, con confisca delle aree occupate dalla discarica stessa);
– l’art. 256 bis, comma 1 (incenerimento di rifiuti abbandonati, con confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti);
– l’art. 259, comma 1 (spedizione transfrontaliera abusiva di rifiuti, con confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti).
Secondo l’art. 452 undecies C.P., nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) per inquinamento ambientale doloso o per disastro ambientale doloso “… è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando, a seguito di condanna per uno dei delitti previsti dal presente titolo, sia stata disposta la confisca di beni ed essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca. I beni confiscati ai sensi dei commi precedenti o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all’uso per la bonifica dei luoghi. L’istituto della confisca non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.”
L’art. 256, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 contempla invece il reato contravvenzionale di realizzazione o gestione di discarica abusiva di rifiuti e prevede pure che “alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi”.
Analogamente gli artt. 256 bis e 259 del D.Lgs. n. 152/2006 prevedono che, alla relativa sentenza di condanna, consegua la confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti.
Sia per gli ecodelitti previsti dal Codice Penale, sia per le meno gravi contravvenzioni ambientali testé richiamate, quindi, il Giudice deve ordinare la confisca dei beni, a meno che non si tratti di beni in proprietà di un soggetto (persona fisica o giuridica) incolpevole, estraneo alla commissione del reato.
Però, come risulta dalla lettera dell’art. 452 undecies C.P., soltanto per i delitti ambientali la confisca non può essere disposta, qualora l’imputato – o un soggetto terzo diverso dal proprietario incolpevole ed interessato a rilevare la proprietà dell’area inquinata – prima della sentenza di condanna definitiva abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.
Secondo la Corte di Cassazione “… la confisca ex art. 452-undecies cod. pen., presenta, infatti, profili peculiari, in quanto caratterizzata non tanto da una funzione punitivo-sanzionatoria, bensì da una funzione risarcitoria-ripristinatoria, laddove, invece, la confisca ex art. 260-ter D.lgs. n. 152 del 2006 (al pari della confisca prevista dalle altre norme del Codice dell’Ambiente – n.d.r.) integra una misura di natura sanzionatoria, con funzione eminentemente repressiva. Militano a favore di tale orientamento ragioni legate all’interpretazione letterale delle citate disposizioni. Infatti, il terzo comma dell’art 452-undecies cod. pen., prevedendo che i beni confiscati siano messi nella disponibilità della pubblica amministrazione, vincola la destinazione dei beni confiscati o dei proventi incamerati esclusivamente alla bonifica dei luoghi, mentre un’analoga previsione non si rinviene nelle norme che disciplinano la confisca per la violazione delle disposizioni previste dal codice dell’ambiente”.
In altri termini, la confisca deve essere disposta in caso di condanna per una contravvenzione ambientale (ad esempio, realizzazione o gestione di discarica abusiva) a prescindere dalla circostanza che l’imputato abbia ripristinato lo stato dei luoghi, intervento che invece vale ad escludere la confisca in caso di condanna per il più grave delitto di inquinamento ambientale o di disastro ambientale, posto che “… la confisca ex art. 260-ter D.lgs. n. 152 del 2006 (come pure quella disciplinata dagli artt. 256, comma 3; 256 bis e 259 del Codice dell’Ambiente – n.d.r.) integra una misura di natura sanzionatoria, con funzione eminentemente repressiva”, a differenza della confisca ex art. 452 undecies C.P., caratterizzata da una funzione risarcitoria-ripristinatoria.
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione questa evidente disparità di trattamento non è stata considerata irragionevole, tant’è che non è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente, avendo la Corte ritenuto che “… la lamentata diversità di trattamento risulta in realtà pienamente legittima in considerazione dalla diversa funzione riconducibile alla confisca di cui all’art 452-undecies cod. pen., rispetto a quella discendente dalla violazione delle disposizioni contravvenzionali”.
In altri termini il legislatore avrebbe correttamente esercitato il suo potere nell’alveo della discrezionalità che gli competerebbe, col paradossale risultato però che la condanna per un delitto ambientale previsto dal Codice Penale non sempre implicherà la confisca dei beni inquinati (o del loro equivalente valore economico), che invece interverrà in caso di condanna per una meno grave contravvenzione prevista dal D.Lgs. n. 152/2006.