Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte, dopo aver ricordato che l’art. 169 bis L.F. non è applicabile ai contratti a prestazioni corrispettive in cui una delle parti abbia già compiutamente eseguito la propria obbligazione, affronta la seguente questione: se l’art. 169 bis L.F., sia o meno applicabile ai contratti di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all’incasso con annesso patto di compensazione, c.d. linee di credito autoliquidanti, e, in particolare, se lo scioglimento possa o meno eventualmente investire quelle operazioni di anticipazione nelle quali la banca, anteriormente all’apertura della procedura di concordato preventivo, abbia già effettuato la propria erogazione a favore del cliente, mentre la riscossione del credito a copertura della anticipazione sia avvenuta successivamente.
Al riguardo, la Corte giunge a due distinte conclusioni svolgendo una precisa distinzione (a) con riferimento al contratto-quadro e (b) con riferimento alle operazioni di anticipazione già eseguite in esecuzione del contratto-quadro in un periodo anteriore all’apertura del concordato preventivo, a fronte delle quali la banca non abbia ancora incassato il credito.
In merito al contratto-quadro, la Corte rileva come “non sussistano elementi ostativi allo scioglimento del contratto L.Fall., ex art. 169 bis, atteso che, fino a quando non venga meno il rapporto contrattuale esistente tra le parti, la banca è tenuta ad erogare le anticipazioni su fatture o ricevute bancarie o titoli di credito, a tempo determinato o indeterminato, e fino al tetto massimo convenuto tra le parti. Pertanto se il fido concesso, nei precisi termini sopra illustrati, non è ancora stato interamente utilizzato, la banca è tenuta (fino al limite pattuito) ad erogare il credito in coincidenza con la presentazione delle fatture (o altri documenti commerciali) e l’obbligazione dello stesso istituto non può quindi ritenersi interamente eseguita, con la conseguenza che tale rapporto è suscettibile di scioglimento”.
Emerge dunque come l’elemento discretivo risulti essere la soglia del fido atteso che nel caso in cui non vi sia stato il superamento/raggiungimento/completo utilizzo dell’affidamento, in tal caso l’obbligazione risulta ancora in essere, non potendosi definire “esaurita”.
Diversamente, con riguardo all’ipotesi sub (b) con riferimento alle operazioni di anticipazione già eseguite in esecuzione del contratto-quadro in un periodo anteriore all’apertura del concordato preventivo, a fronte delle quali la banca non abbia ancora incassato il credito, la Corte distingue ulteriormente tra: (1) l’ipotesi in cui, all’atto dell’anticipazione, il debitore proponente avesse ceduto in garanzia pro-solvendo un proprio credito verso terzi; (2) l’ipotesi da quella in cui avesse conferito alla banca il mandato all’incasso con annesso patto di compensazione.
Con riguardo alla cessione di credito, sulla scorta dei precedenti pronunciamenti dei Giudici di legittimità e di merito la Corte ha confermato come “essendone [la Banca] divenuta già titolare [del credito] al momento dell’erogazione dell’anticipazione, potrà disporre come meglio crede e quindi trattenersi le somme che incasserà dal terzo” ed altresì riconosciuto che “in caso di anticipazione contro cessione di credito, gli effetti dell’operazione si esauriscono al momento del perfezionamento dell’accordo e non si pone quindi neppure la questione della pendenza del singolo contratto”.
Anche con riguardo all’ipotesi di mandato all’incasso con patto di compensazione, avendo la Banca esaurito la propria prestazione (quantomeno principale) con l’effettuazione della anticipazione, la Corte ritiene che consegue l’inapplicabilità della norma alle singole operazioni di anticipazione ancora in corso che per tanto, non può parimenti ritenersi pendente: “secondo il quadro normativo attualmente esistente, la Banca, con l’erogazione dell’anticipazione al cliente, ha compiutamente eseguito la sua prestazione. Ne consegue l’inapplicabilità della L.Fall., art. 169 bis”.
Con riferimento, invece, alle somme riscosse ed incassate dalla Banca in forza dell’anticipazione, la Corte riconosce come sia indispensabile accertare “se la convenzione relativa all’anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse in favore della banca (cd. patto di compensazione o, secondo altra definizione, patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto); solo in tale ipotesi, difatti, la banca ha diritto a compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente”.
Afferma la Corte come “proprio perché in virtù del collegamento esistente tra il contratto di anticipazione ed il mandato all’incasso con patto di compensazione, può fondatamente ritenersi che i rispettivi debiti e crediti delle parti traggano origine da un unico, ancorché complesso, rapporto negoziale, in una tale eventualità, è configurabile la c.d. compensazione impropria” in forza della quale “la valutazione delle reciproche pretese delle parti comporta soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, ed a ciò il giudice può procedere senza incontrare ostacolo nelle limitazioni vigenti per la compensazione in senso tecnico giuridico (vedi Cass. n. 30220/2019; Cass. n. 4825/2019)