Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute a comporre il contrasto giurisprudenziale insorto in ordine alle conseguenze del licenziamento comunicato al lavoratore in data anteriore all’effettiva scadenza del termine di comporto fissato dalla contrattazione collettiva. Secondo le Ss. Uu., il licenziamento, sia nel caso in cui sia stato consapevolmente comunicato prima dell’esaurirsi del comporto, ovvero per eccessiva morbilità, sia nel caso in cui il datore di lavoro abbia errato nel calcolare i relativi termini, non è soltanto inefficace fino all’effettivo superamento del periodo di comporto, ma è da ritenersi nullo per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2110, c. 2, c.c., a tutela del prioritario diritto alla salute del lavoratore. Ne consegue l’applicazione del regime reintegratorio “pieno” previsto per i casi di nullità (ovvero la tutela di diritto comune in caso di piccole imprese), salvo si tratti di licenziamenti disciplinati dalla c.d. “legge Fornero”, che sanziona la violazione dell’art. 2110, c. 2, c.c., con l’applicazione della tutela reintegratoria attenuata, e ferma in ogni caso la possibilità per il datore di lavoro di rinnovare tempestivamente il licenziamento una volta che le assenze del lavoratore abbiano effettivamente superato il termine massimo di conservazione del posto. (Corte di Cassazione, sez. Lavoro, 22.05.2018, n. 12568).
Nullo il licenziamento comunicato prima del superamento del periodo di comporto