Quando un marchio ha acquisito notorietà non puramente locale presso il pubblico la sua rinomanza consente di invocare una protezione ultramerceologica, nel senso che viene tutelato anche il c.d. selling power, ovvero la idoneità a favorire la vendita dei prodotti associati grazie alla propria funzione evocativa e suggestiva. Ne deriva che gli operatori non solo non possono utilizzare un marchio notorio a fini commerciali senza l’autorizzazione di chi detiene i diritti di utilizzo dello stesso per contrassegnare prodotti/servizi simili o analoghi ma che l’associazione del segno è vietata anche se dovesse aver riguardo prodotti/servizi non affini che possano trarre indebito vantaggio dall’accostamento del segno notorio in termini di promozione commerciale.
In un caso recentemente esaminato – nel quale il marchio notorio nel settore automobilistico era stato avvicinato a prodotti non affini (calzature) in alcune immagini su social network – l’Autorità Giudiziaria ha avuto modo di precisare che il discrimine tra l’esposizione lecita di una prodotto altrui contrassegnato da marchio notorio come espressione di una scena di vita quotidiana e l’indebito sfruttamento della sua funzione evocativa è individuabile nella finalità commerciale e pubblicitaria – accertabile alla luce di una valutazione di fatto – dell’utilizzo dell’immagine del segno altrui e, quindi, nella possibilità che “le immagini esposte possano comunicare – in capo al pubblico – un significato diverso da quello pubblicitario e commerciale, e cioè siano descrittive di scene di vita” anche di terze persone perché soltanto in tal caso potrebbe ammettersi la liceità della divulgazione, in forza dell’ovvia considerazione secondo cui la “pubblicazione di scene di vita quotidiana implicano l’inevitabile esposizione dei segni distintivi dei prodotti normalmente usati dal soggetto rappresentato per compiere l’azione pubblicata” (Tribunale di Genova, 04.02.2020, R.G. 15049/2019).