Nel corso di questo anno sono intervenute ulteriori novità nella materia della Responsabilità Amministrativa degli Enti.
In particolare, con la L. 9 gennaio 2019 n. 3 (così detta “Spazzacorrotti”, in vigore dal 31 gennaio 2019) è stato inserito un nuovo reato presupposto, l’art. 346-bis C.P. (“Traffico di influenze illecite”) volto a punire “chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”, perseguendosi quindi le condotte di intermediazione tenute da soggetti terzi nell’opera di corruzione tra il corrotto ed il corruttore ed applicandosi all’Ente/Società di appartenenza di costoro la sanzione pecuniaria fino a 200 quote.
La stessa “Spazzacorrotti” ha disposto l’aumento della durata delle sanzioni interdittive applicabili in presenza di un reato presupposto di concussione o corruzione (ma non anche di Traffico di influenze illecite), che saranno non inferiori a quattro anni e non superiori a sette anni, se il reato presupposto sia stato commesso da un soggetto apicale, oppure non inferiori a due anni e non superiori a quattro anni negli altri casi. E’ prevista invece la comminazione delle sanzioni interdittive nella loro durata ordinaria (da tre mesi a due anni), se, prima della sentenza di primo grado, l’Ente si sarà efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per individuare dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità ed abbia eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di un Modello Organizzativo idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi.
E’ bene ricordare in proposito che fin dalla sua emanazione il D.Lgs. n. 231/2001 ha riconosciuta un’efficacia attenuante al così detto Modello Organizzativo “postumo” che, secondo gli artt. 13, comma 3 e 17, comma 1, consente di porsi al riparo da sanzioni interdittive nel caso in cui, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l’Ente abbia adottato e concretamente attuato un idoneo Modello Organizzativo (comprensivo della nomina dell’Organismo di Vigilanza e dell’avvio della sua attività) ed abbia risarcito integralmente il danno oppure si sia efficacemente adoperato a tal fine ed abbia, altresì, messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della sua confisca. Con la recente modifica normativa invece l’attenuazione della durata delle sanzioni interdittive riguarderà l’Ente che assolverà i particolare oneri in precedenza indicati (solo in parte coincidenti con quelli previsti in via generale dal Decreto 231) prima della sentenza di primo grado, quindi anche successivamente all’apertura del dibattimento.
La L. 3 maggio 2019, n. 39, in vigore dallo scorso 17 maggio, ha a sua volta inserito nel D.Lgs. n. 231/2001, l’art. 25 quaterdecies (“Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati”), in ragione del quale: qualora vengano commessi i “reati di cui agli articoli 1 e 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per i delitti, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; b) per le contravvenzioni, la sanzione pecuniaria fino a duecentosessanta quote. 2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettera a), del presente articolo, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno”.
La Frode in competizioni sportive, disciplinata dall’art. 1, della L. n. 401/1989, può teoricamente interessare le attività d’impresa in ragione di eventuali sponsorizzazioni di attività sportive o di sostegni finanziari a manifestazioni sportive e riguarda: – comma 1. “Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da lire cinquecentomila a lire due milioni. Nei casi di lieve entità si applica la sola pena della multa”; – comma 2. “Le stesse pene si applicano al partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra utilità o vantaggio, o ne accoglie la promessa”; – comma 3. “Se il risultato della competizione è influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati, i fatti di cui ai commi 1 e 2 sono puniti con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni”.
L’esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa, previsto dall’art. 4, della stessa L. n. 401/1989, dovrebbe rivestire invece un rilevo marginale rispetto alla generalità delle attività imprenditoriali estranee allo specifico settore. L’inclusione degli illeciti fin qui descritti nel catalogo dei reati-presupposto rilevanti ai fini della responsabilità 231 impone un aggiornamento dell’Analisi di Rischio per gli Enti già dotati di Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, dovendosi prendere in considerazione i relativi rischi potenziali e verificare l’adeguatezza del sistema dei controlli interni esistenti, ovvero la necessità di un radicale intervento di riforma dell’organizzazione e dei livelli aziendali di conformità normativa. Per gli Enti che non siano dotati di Modello Organizzativo, le recenti novità non possono che tradursi in un motivo in più per valutare l’opportunità di un loro adeguamento al D.Lgs. n. 231/2001, avuto presente che la Legge di Delegazione Europea 2018 di prossima approvazione potrebbe comportare pure l’inserimento di alcuni reati tributari nel catalogo del D.Lgs n. 231/2001, avendo l’U.E. imposto all’Italia di estendere la responsabilità degli Enti “ai casi di reati gravi contro il sistema comune dell’IVA”.