In epoca di crisi energetica si fa un gran parlare di autoconsumo di energia rinnovabile.
Ben si comprende il perché; proprio per il grande interesse, che deriva dal caro bollette, val la pena di chiarire cosa siano l’autoconsumo e le comunità energetiche.
L’uno come le altre sono disciplinati dalla direttiva 2018/2001 UE (artt. 20 e 21), ossia dalla stessa direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia rinnovabile. La direttiva, per intenderci, che ha fissato gli ambiziosi obiettivi europei di parziale decarbonizzazione al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050.
Fino al recepimento della direttiva l’autoconsumo da fonti rinnovabili è stato regolato – in via transitoria – dall’art. 42 bis del decreto legge n. 162/2019, convertito in legge n. 8/2020.
Infine, il decreto legislativo n. 199/2021 ha recepito la direttiva e distingue (art. 3) tra: autoconsumatore di energia rinnovabile, ossia colui che produce per proprio consumo e che può immagazzinare o vendere l’energia prodotta (a determinate condizioni); autoconsumatori di energia rinnovabile, ossia gruppi che agiscono collettivamente ai medesimi fini; comunità energetiche, che costituiscono soggetti giuridici a tutti gli effetti.
Nel primo caso, si tratta di un singolo cliente finale; nel secondo caso di due o più clienti finali, che si associano; nel terzo caso l’autoconsumo è organizzato attraverso un soggetto giuridico autonomo, i cui poteri di controllo fanno capo esclusivamente a: persone fisiche, PMI, amministrazioni locali (es. Comuni), enti di ricerca, enti religiosi, enti del terzo settore e di protezione ambientale.
Il meccanismo di costituzione e funzionamento dell’autoconsumo (individuale o collettivo) e delle comunità energetiche è regolato dagli articoli 30 (autoconsumo) e 31 (comunità energetiche) del D.Lgs. n. 199/2021, norme che ne disegnano il perimetro applicativo.
Così, ad esempio, l’autoconsumatore può produrre anche in siti diversi rispetto al luogo di consumo, a condizione che la connessione avvenga attraverso un collegamento di lunghezza non superiore a dieci chilometri. L’autoconsumo collettivo implica che i clienti finali debbano trovarsi nello stesso edificio o condominio e che non costituisca esercizio di attività commerciale ed industriale principale. Le comunità energetiche aumentano sensibilmente il proprio perimetro d’azione, ma anch’esse con alcuni limiti: per esempio, i partecipanti alla comunità energetica possono condividere l’energia nell’ambito della stessa zona di mercato e resta fermo l’obbligo della medesima cabina primaria per l’accesso agli incentivi.
In generale, l’autoconsumo, sia nelle forme più semplici di cliente finale unico o collettivo, sia nella forma strutturata di comunità energetica, costituisce un importante strumento di soluzione del caro bollette, anche se di non semplice attivazione. Sono istituti complessi, che involgono profili tecnici e giuridici non banali, specie nella forma organizzata della comunità energetica. Ciò non deve certo scoraggiare, ma sollecitare una doverosa attenzione ai profili autorizzativi e contrattuali. L’autoconsumo è certamente una strada da valorizzare e da percorrere con convinzione, ma al tempo stesso con attenzione.