La sentenza del Tribunale di Milano segna un cambio di rotta significativo rispetto all’accettazione, da parte dell’ordinamento italiano, dei principi fondanti il contradditorio di una class action americana.
Tradizionalmente, i tribunali italiani tendevano a escludere che il sistema della class action statunitense del cd. opt-out (secondo cui la sentenza o la transazione che definiscono una class action vincolano tutti indistintamente i membri della classe, salvo quelli che si sono espressamente autoesclusi) potesse essere compatibile con l’ordine pubblico processuale italiano e con il rispetto del requisito minimo di diritto alla difesa dei singoli individui (adottandosi generalmente comunicazioni di massa, come quotidiani e siti internet per notiziare ai singoli individui la pendenza dell’azione e la conseguente facoltà di opt-out).
Il Tribunale di Milano arriva a conclusioni opposte escludendo il diritto all’attore – che non si era autoescluso dalla class action promossa in America – di ottenere il medesimo risarcimento del danno oggetto di un giudizio già definito avanti la Corte distrettuale di New York.
Nel caso di specie, infatti, l’attore era stato notiziato a mezzo posta della pendenza della class action tramite l’invio di una “Notice of class action settlement”, alla quale non era seguita alcuna iniziativa da parte di quest’ultimo.
Pertanto, secondo il giudice italiano, il diritto alla difesa era stato assicurato e non vi era motivo per escludere l’efficacia di giudicato della decisione resa dal giudice americano (Tribunale Milano 25.10.2018).