Per poter sostenere l’esistenza di un vero e proprio “marchio di forma”, è necessario che la forma del prodotto assuma quel particolare carattere distintivo idoneo ad indicare l’inequivocabile origine imprenditoriale del prodotto stesso al consumatore medio, attirandone, pertanto, di per sé, l’attenzione. La forma del prodotto deve dunque presentare elementi inusuali ed originali rispetto alla specifica categoria cui appartiene il prodotto in questione, atteso che i consumatori, solitamente, non presumono l’origine dei prodotti in base alla loro forma, bensì relativamente a segni distintivi autonomi come il marchio denominativo e/o figurativo.
Pertanto, perché sussista concorrenza sleale parassitaria per imitazione servile del “marchio di forma”, è necessario anzitutto che l’identità tra i due prodotti investa proprio quegli elementi di forma “identificativi” (e, dunque, non banali né standardizzati), ovvero idonei ad essere percepiti come distintivi dell’origine imprenditoriale del prodotto di cui si lamenta l’imitazione, nonché, in secondo luogo, che vi sia una reiterazione delle condotte commerciali dell’imprenditore concorrente (Tribunale di Milano, Sez. Imprese, 3.09.2018, n. 8817).