Nel processo di accelerazione della transizione ad un più ampio utilizzo di energia da fonti rinnovabili in atto in Europa e nel nostro paese, rafforzato dalla disponibilità di ingenti finanziamenti europei a sostegno del PNRR, la semplificazione amministrativa gioca un ruolo determinante.
Non a caso, tra i principali obiettivi di aggiornamento dell’Agenda per la semplificazione amministrativa concertati tra Governo, Regioni ed Enti Locali spicca la semplificazione delle procedure nei settori della tutela ambientale e della green economy, tra le quali ve n’è una, recente, che merita menzione e commento.
In sintesi: a determinate condizioni, gli impianti fotovoltaici di potenza fino a 20 MW sono soggetti a procedura abilitativa semplificata (PAS) di competenza comunale, nel caso in cui insistano – tra l’altro – su aree industriali, produttive o commerciali. Gli impianti, di regola soggetti ad autorizzazione unica (regionale o provinciale), oggi possono essere realizzati ed eserciti con PAS, ove l’amministrazione comunale nulla abbia da obiettare entro trenta giorni dalla presentazione della pratica (dichiarazione e relativi allegati progettuali).
Per di più, simili impianti non sono neppure soggetti a verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (VIA), a determinate condizioni.
La fonte normativa è l’art. 6 del decreto legislativo n. 28/2011, comma 9-bis, introdotto ad dal decreto legge n. 77/2021, poi modificato con il decreto legge n. 17/2022, infine con d.l. n. 21/2022. Decreti legge, tutti convertiti in legge.
Le ricadute di questa novità legislativa potrebbero essere enormi, sia sul piano ambientale che su quello economico. Sembra bello; sembra, in effetti, una semplificazione.
Però, se si esaminano le condizioni, cui è subordinata la procedura abilitativa semplificata, emerge subito un dubbio interpretativo, che rende difficilmente applicabile la disposizione.
Sulle aree industriali, produttive o commerciali – come visto – possono essere costruiti ed eserciti impianti fotovoltaici di potenza sino a 20 MW, quindi impianti di rilevante potenza ed estensione. L’impianto è composto sia dai pannelli fotovoltaici, sia dalle opere di connessione alla rete elettrica di alta o media tensione, gli uni come le altre costituendo un unicum.
L’art. 6, comma 9-bis, del decreto legislativo n. 28/2011 richiede che tanto i pannelli fotovoltaici, quanto le opere di connessione alla rete “siano localizzati in aree a destinazione industriale, produttiva o commerciale”.
Ben difficilmente le opere di connessione (specie alla rete elettrica in alta tensione) potranno insistere anch’esse sulle aree sopra indicate; è facile, invece, che esse insistano su aree aventi destinazione urbanistica diversa.
Dunque: o si interpreta la norma in senso letterale, ammettendo la procedura semplificata solo nei casi in cui le opere di connessione alla rete insistano su aree industriali, produttive o commerciali o se ne dà una lettura estensiva, ammettendo la PAS anche nel caso in cui le opere di connessioni ricadano su aree a destinazione urbanistica diversa.
Il fondato timore è che l’interpretazione corretta debba essere quella restrittiva, trattandosi di norma di deroga (l’autorizzazione unica costituisce la regola, la procedura abilitativa semplificata, invece, l’eccezione). Ma se così fosse, sarebbe assai difficile applicare in concreto la norma in commento.
Appare quanto mai necessario il chiarimento del legislatore al riguardo, per rendere effettiva la semplificazione e per dare quella certezza agli investitori, indispensabili attori del procvesso di transizione energetica.