Nel caso affrontato dai Giudici di legittimità oggetto della pronuncia in esame, la Corte ha ritenuto corretto, nell’azione proposta dal curatore per la responsabilità degli amministratori nel fallimento, quantificare i danni in base alla dispersione dell’attivo e alla colpevole protrazione dell’attività produttiva che genera maggiori debiti.
In particolare, è stato evidenziato come la legittimità di tale criterio non è smentita dal fatto che l’importo oggetto di liquidazione, in tal modo quantificato, sia poi ridotto, fissandolo nella differenza tra il passivo e l’attivo fallimentare, in virtù del limite della pretesa fatta valere.
Nel caso di specie è stato quindi respinto il ricorso degli amministratori della società fallita che contestavano sia l’esistenza di una prova che il danno subito dalla società fosse collegato alle loro condotte, sia i criteri di liquidazione (Cass. civ. 08 ottobre 2020, n. 21730).