Nel vasto panorama dei soggetti che – quanto meno dal 1994 – si occupano – o dovrebbero occuparsi – in azienda di salute e sicurezza del lavoro (Datore di lavoro, Dirigenti, Preposti, RSPP, Medico competente, RLS), a causa dell’emergenza sanitaria in atto da febbraio 2020 si sono aggiunti, a livello nazionale, il Comitato aziendale per l’attuazione del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro e, a livello regionale (per la verità non in tutte le Regioni), il così detto “Covid Manager”.
Il Comitato è un organismo collegiale obbligatorio, da istituire in tutte le aziende in virtù dei Protocolli condivisi fra il Governo e le parti sociali del 14 marzo 2020 e del 24 aprile 2020, avallate dai D.P.C.M. 11 marzo, 26 aprile, 18 maggio e 11 giugno 2020 e ratificate dal D.L 25 marzo 2020, n. 19, convertito nella L. 22 maggio 2020, n. 35. I compiti del Comitato sono definiti nei predetti Protocolli e si sostanziano nella valutazione della aderenza e congruità del Protocollo aziendale al Protocollo condiviso e nel monitoraggio della concreta applicazione e dell’effettiva osservanza delle misure adottate e delle eventuali migliorie poste in essere.
In Regione Veneto il “Covid Manager” è stato previsto – o, per meglio dire, abbozzato – dal Manuale regionale per la riapertura delle attività produttive del 29 aprile 2020 (versione 11), approvato con Delibera di Giunta Regionale 12 maggio 2020, n. 601. Da maggio ad oggi non risultano adottati ulteriori provvedimenti di dettaglio di natura amministrativa o legislativa.
Un primo spunto di riflessione su questo Organo monocratico è di natura semantica. In un Paese che si è dotato della Commissione parlamentare ANTI-Mafia, dell’Autorità Nazionale ANTI-corruzione, dei Nuclei dei Carabinieri ANTI-sofisticazione (solo per citare alcuni esempi), meglio sarebbe stato che s’istituisse- quanto meno per scaramanzia – un “Referente aziendale ANTI-Covid”, anziché un “Covid Manager”, che sul piano lessicale induce a ritenere che l’obiettivo affidato a questo soggetto sia quello di sostenere, più che di contrastare la diffusione del virus.
Semantica a parte: il “Covid Manager” deve essere istituito in ogni azienda oppure no?
Il predetto Manuale, al paragrafo “Individuazione del Covid-manager”, così testualmente recita:
“Premesso che anche per l’attuazione delle misure di prevenzione dal contagio da SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro rimangono confermati ruoli e responsabilità previsti dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per ogni azienda potrà essere individuato dal datore di lavoro un referente unico (“COVID Manager”), con funzioni di coordinatore per l’attuazione delle misure di prevenzione e controllo e con funzioni di punto di contatto per le strutture del Sistema Sanitario Regionale”.
Il verbo “potere” indica una facoltà, non un obbligo, in capo all’imprenditore.
Il Manuale, al capoverso successivo, precisa che:
“Tale referente deve essere individuato tra i soggetti componenti la rete aziendale della prevenzione ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, verosimilmente nella figura del Datore di Lavoro stesso (soprattutto per le micro e piccole aziende) o del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), o comunque tra i soggetti aventi poteri organizzativi e direzionali”.
Per offrire un’interpretazione che tenga insieme la seconda asserzione con la prima, si deve concludere che ogni azienda è libera di dotarsi o no di un Covid-Manager. Qualora decida di munirsene, dovrà individuarlo tra i soggetti testé indicati.
Dalla lettura del Manuale e della Delibera regionale che hanno delineato questa nuova figura aziendale emergono alcuni quesiti (e forse non solo questi …):
- La designazione del Covid-Manager va comunicata al Sistema Sanitario Regionale, visto che tale soggetto dovrebbe fungere da “punto di contatto per le strutture del Sistema Sanitario Regionale”? In caso affermativo, a quale Ente va indirizzata la comunicazione?
- Il Covid-Manager deve essere un dirigente aziendale o può essere anche un consulente esterno?
- Il Covid-Manager deve svolgere le sue funzioni a tempo determinato (finché dura l’emergenza sanitaria) o indeterminato? Con un contratto ed un relativo compenso da dirigente?
- Deve essere dotato di autonomia di spesa per dare attuazione alle misure di prevenzione previste dal protocollo aziendale oppure è un mero – si fa per dire – coordinatore-vigilante?
- Quale titolo di studio e quale bagaglio formativo deve possedere il Covid-Manager?
- Se il Covid-Manager fosse individuato in un soggetto che non riveste una posizione di garanzia formale o sostanziale, correrebbe il rischio di essere chiamato a rispondere penalmente in caso di malattia o morte di un lavoratore causata dal virus contratto nei luoghi di lavoro?
Si tratta di quesiti che sottendono tematiche e problematiche (di diritto del lavoro, di organizzazione aziendale e di Modello Organizzativo 231) rilevanti per qualsiasi impresa, che meriterebbero di essere chiarite nelle sedi competenti, diversamente obbligando a rifugiarsi nei versi di Montale: “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.
Proviamo allora ad abbozzare delle risposte plausibili.
- La designazione del Covid-Manager va opportunamente comunicata mediante P.E.C. sia alla Regione Veneto – Direzione Prevenzione, Sicurezza alimentare e veterinaria (quale struttura di coordinamento del Piano regionale degli interventi urgenti per la sanità pubblica in tempo di pandemia), sia alla Direzione Sanitaria della Azienda U.L.S.S. competente per territorio.
- Il Covid-Manager può essere sia un dirigente/dipendente aziendale, sia un consulente esterno (ad es. RSPP “esterno” o Medico Competente).
- La designazione del Covid-Manager esplica la sua efficacia fintanto che perdura la fase emergenziale stabilita a livello nazionale o locale; al termine di tale fase cesserà l’esigenza che ha indotto a dotarsi di un referente unico, come pure del Comitato aziendale. La designazione del Covid-Manager non implica la stipula di un contratto ad hoc (anche se è consigliabile formalizzare l’incarico), né l’acquisizione della qualifica dirigenziale o l’automatico diritto a percepire un compenso; questi ultimi aspetti saranno oggetto di trattativa/accordo tra l’imprenditore ed il nominando Covid-Manager.
- Non è necessario che il Covid-Manager sia dotato di autonomia di spesa nell’accezione che l’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008 riferisce al delegato per la sicurezza del lavoro. Gli investimenti finalizzati a ridurre il rischio di contagio da Covid competono al Datore di Lavoro o, per l’appunto, al suo delegato per la sicurezza, nella misura in cui la delega conferitagli riguardi pure gli adempimenti anti-Covid.
- Allo stato non risultano indicazioni specifiche circa i requisiti soggettivi ed il bagaglio formativo necessari per rivestire il ruolo di Covid-Manager. Tuttavia, secondo il Manuale della Regione Veneto, questo ruolo può essere assunto dal Datore di Lavoro, ovvero da persona che potrebbe essere sprovvista di diploma di scuola secondaria e che non soggiace ad obblighi formativi di sorta in materia di sicurezza del lavoro.
- Se venga designato quale Covid-Manager un soggetto che non riveste una posizione di garanzia nell’organigramma della sicurezza del lavoro, potrebbe comunque correre il rischio di essere sottoposto ad indagini per omicidio colposo o lesioni colpose per la morte o la malattia di un lavoratore causata dal virus contratto nei luoghi di lavoro. È possibile che la magistratura inquirente estenda il novero degli indagati, comprendendovi anche il Covid-Manager, sebbene per pervenire ad un formale giudizio di responsabilità penale debbano concorrere molteplici fattori: compiti formali attribuiti al Covid Manager e da questi disattesi e che possano realmente essere posti in rapporto di causa/effetto con l’insorgenza dello specifico contagio; ulteriori compiti di fatto sviluppati con negligenza; mancanza di tracciabilità delle decisioni assunte in azienda e delle iniziative concretamente intraprese per attuare il protocollo anti-Covid, nonché delle modalità di controllo e vigilanza poste in essere dal Comitato aziendale e dal Covid Manager. In ogni caso rimane il dubbio circa l’assenza o no di un vero e proprio “obbligo giuridico” – ex art. 40, comma 2, C.P.- in capo al Covid Manager d’impedire che l’evento (morte o lesioni) si verifichi.
Da questi pochi spunti di riflessione emerge un quadro complessivo d’incertezze circa la figura, i compiti e le responsabilità propri del Covid-Manager, il cui chiarimento si spera non venga impropriamente demandato all’Autorità Giudiziaria.