Con Ordinanza n. 31155 del 3 dicembre 2018, la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, in ordine al licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore che aveva proferito parole minacciose nei confronti del superiore gerarchico («tanto prima o poi io ti crepo»), ritenute non integranti un illecito disciplinare dai Giudici di Appello, ha rilevato che al di fuori di ipotesi ioci causa, la minaccia grave, ancorchè formulata in modo generico e non circostanziato, è sempre seria allorquando abbia l’effetto di menomare la sfera della libertà morale altrui, essendo comunque idonea ad ingenerare un’alterazione psichica del soggetto passivo. Inoltre, secondo la Corte, qualora la minaccia venga proferita in un ambiente lavorativo, la stessa è viepiù grave qualora abbia un effetto destabilizzante sull’attività aziendale, fermo restando che essa integra una condotta contraria agli obblighi di collaborazione, fedeltà e subordinazione che gravano sul lavoratore nei rapporti con il proprio superiore (Cass., Sez. Lav., 3 dicembre 2018, n. 31155).
La minaccia di morte è seria anche se non circostanziata: legittimo il licenziamento