Nel contesto del perdurante divieto di licenziamento, la Suprema Corte di Cassazione, pronunciandosi sull’impugnazione di un licenziamento disposto all’esito di una procedura di riduzione del personale, ha precisato le modalità di applicazione del criterio di scelta legale dei carichi di famiglia – (file:sentenza.pdf text:Sentenza n. 10996 del 26 aprile 2021).
In particolare, secondo la Corte, per interpretare adeguatamente il criterio di selezione dei licenziandi rappresentato dai carichi di famiglia, il datore di lavoro non deve limitarsi a verificare il numero delle persone “a carico” del dipendente ai fini fiscali, sulla scorta delle corrispondenti dichiarazioni, ma deve considerare la concreta situazione familiare del dipendente e quindi individuare tutte le persone «effettivamente a carico» del medesimo.
Invero, secondo la Corte, l’art. 5 della L. 223/91 richiama implicitamente l’accordo interconfederale del 1965, a sua volta ispirato a quello del 1950, in cui era previsto uno specifico criterio afferente la “situazione economica” del lavoratore sottoposto a procedura di mobilità: posto, quindi, che la ratio della disciplina è quella di tutelare – salvaguardandone prioritariamente l’occupazione – i lavoratori socialmente più deboli, il criterio di legge dei “carichi di famiglia” dev’essere necessariamente correlato al concreto fabbisogno economico del lavoratore, al di là dal dato fiscale.
La Corte richiama due precedenti in termini: con la Sentenza n. 2113/2016, tuttavia, la censura del lavoratore era stata rigettata; con la Sentenza n. 20464/2018, invece, la Corte aveva statuito che il datore di lavoro, cui non era stata comunicata l’esistenza di familiari a carico, avrebbe dovuto indagare l’effettiva situazione familiare della lavoratrice illegittimamente licenziata per il fatto che la stessa – molti anni prima – aveva fruito del congedo di maternità.
Diversamente, nella fattispecie di cui alla Sentenza in commento, a quanto consta, il lavoratore illegittimamente licenziato era onerato economicamente del mantenimento della figlia minore, affidata alla madre e quindi non fiscalmente a carico del padre, in forza di una sentenza di separazione consensuale: si tratta di una situazione che il datore di lavoro può non conoscere.
Restano, quindi, allo stato, irrisolte le questioni della configurabilità a carico del datore di lavoro dell’onere di indagare fatti attinenti alle condizioni personali del lavoratore e della conciliabilità di un siffatto onere con il divieto di cui all’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori.
Licenziamento collettivo: il datore di lavoro deve verificare i carichi familiari “effettivi” al di là dei carichi fiscali