Distaccare un dipendente presso un’altra società, ove svolge mansioni diverse da quelle assegnate in precedenza, al fine di fronteggiare uno stato di temporanea crisi produttiva è legittimo. Lo afferma l’(file:cass_18959_2020.pdf text:ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 18959) dell’11 settembre 2020.
Confermando la decisione della Corte territoriale, la Cassazione afferma due principi di particolare rilievo con riguardo all’interpretazione dell’interesse al distacco che deve sempre sussistere in capo al distaccante per aversi un distacco legittimo.
Con il primo si afferma che sussiste un legittimo interesse al distacco quando questo si sostanzia nel porre il dipendente nella condizione di incrementare il proprio patrimonio professionale e la sua «polivalenza funzionale individuale». Nel caso in commento, infatti, la Cassazione ha valorizzato la circostanza per cui le mansioni affidate al dipendente presso il distaccatario erano diverse da quelle svolte in precedenza presso il distaccante, con conseguente arricchimento del patrimonio professionale del lavoratore.
Con il secondo principio, la Cassazione riafferma che l’interesse al distacco può avere anche natura non economica o non patrimoniale in senso stretto. Esso, infatti, può rispondere anche a finalità “di tipo solidaristico”, a condizione che non si risolva in una mera somministrazione di lavoro altrui. Nel caso considerato dalla Corte l’interesse al distacco dell’impresa si sostanziava non solo nel consentire al dipendente di arricchire la propria professionalità ma anche in quello di fronteggiare una crisi aziendale temporanea, in attesa della ripresa produttiva.
Terminato il blocco dei licenziamenti, quindi, il distacco “per crisi” si candida ad essere una possibile alternativa alla soppressione dei posti di lavoro, riducendo i costi di personale ma evitando di disperdere il patrimonio di professionalità acquisito dai propri dipendenti.