La Suprema Corte a Sezioni Unite, dopo le sentenze n. 14712 del 26 giugno 2007 e n. 12477 del 21 maggio 2018 è tornata ad esaminare un ormai noto filone giurisprudenziale che vede – da anni – contrapporsi importanti Istituti Assicurativi e Bancari per l’asserita errata negoziazione di assegni di traenza e/o circolari.
Con la recentissima Sentenza delle Sezioni Unite n. 9769/2020 (*pubblicata in data 26.5.2020*) la Suprema Corte ha posto in luce un altro aspetto del quadro giuridico che coinvolge la materia, riconoscendo l’esistenza di una responsabilità delle Compagnie Assicuratrici per l’incauto invio a **mezzo posta semplice** di titoli di credito, anche qualora gli stessi siano muniti della clausola di non trasferibilità.
La Suprema Corte – partendo dalla propria sentenza sempre a Sezioni Unite n. 12477 del 2018 – indica, di fatto, tre principi che permettono di regolare le responsabilità ascrivibili alle Compagnie Assicuratrici per le modalità prescelte di trasmissione degli assegni ai propri Clienti, che, a detta delle Compagnie, dopo l’invio vengono trafugati e negoziati da soggetti non legittimati imputando, quindi, agli Istituti Bancari una responsabilità *ex art. 43 comma 2 Legge Assegni. (“Colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento”*).
In particolare la Sentenza in commento:
- ribadisce l’esclusione di una responsabilità ex lege della Banca negoziatrice. Nel caso, quindi, di trafugamento di un assegno bancario, circolare e/o di traenza ed incasso della provvista in favore di un soggetto diverso dall’effettivo beneficiario, la sussistenza della responsabilità della banca negoziatrice del titolo in ordine ai danni di conseguenza generatisi non esclude che lo stesso possa essere, in concreto, imputato anche al concorso colposo dello stesso danneggiato/creditore, ai sensi dell’art. 1227 c.c. (*Cass. Civ., ordinanza n. 6979 dell’11 marzo 2019*).
- conferma l’orientamento Giurisprudenziale per cui secondo i principi che portano al *nesso di causalità*, l’intera condotta di “*invio/trafugamento/alterazione/negoziazione*” – che porta all’illecita negoziazione del titolo – deve essere considerata condotta univoca, in quanto il mancare di una di essa – ovviamente anche la prima – travolge la condotta successiva non potendo considerarsi – per la verificazione dell’evento- una fase indipendenti dalle sue precedenti.
L’asserito errore della banca negoziatrice non è, quindi, idoneo a interrompere il nesso causale con l’antecedente imprudenza dell’Assicurazione in quanto detto errore non è straordinario e imprevedibile nella catena eziologica generata dal comportamento della Assicurazione *ex art. 40 e 41 c.p. *
Il fatto illecito, pertanto, deriva dalla continuazione di queste diverse condotte che non hanno carattere indipendente, anzi che portano alla verificazione dell’evento alla imprescindibile condizione che tutte le condotte siano realizzate, pertanto ovviamente anche la prima, ovvero l’invio incauto dei titoli (*Corte Appello di Milano con le sentenze n. 3408 del 5.8.2019 e n. 712 del 18 febbraio 2019 edite in DeJure*).
La Corte aggiunge – sempre a discapito dell’azione della Compagnia Assicuratrice – due aspetti:
(a) il Comportamento del danneggiato può portare addirittura all’interruzione del nesso causale, quando il fatto di costui si ponga come unica ed esclusiva causa dell’evento dannoso, sì da privare di efficienza causale e da rendere giuridicamente irrilevante il comportamento dell’autore dell’illecito. In tali casi verrebbe del tutto esclusa la responsabilità della Banca negoziatrice trovando applicazione il secondo comma dell’art. 1227 c.c.;
(b) quando, invece, il comportamento colposo del soggetto danneggiato non sia stato tale da interrompere il nesso di causalità tra il fatto del terzo e l’evento dannoso, ma abbia solo concorso alla produzione di quest’ultimo, trova applicazione il primo comma dell’art. 1227 c.c il quale afferma il principio secondo cui il danno che taluno arreca a sé medesimo non può essere posto a carico dell’autore della causa concorrente.
3) Come terzo principio, la Suprema Corte – richiamando sempre quanto già stabilito con la sentenza n. 12477 del 2018 in merito al cd. *fatto notorio* – afferma che la colpa della Compagnia Assicurativa risieda nell’aver attuato un comportamento riconosciuto già di per sé stesso come imprudente.
La Corte, infatti, evidenzia come costituisca fonte di responsabilità “*…non solo la condotta tenuta in violazione di precise norme giuridiche, ma anche quella che comporti l’esposizione volontaria o comunque consapevole ad un rischio che, secondo regole di prudenza comportamentale avvertite come vincolanti dalla comunità, si ponga al di sopra della soglia della normalità, dal momento che in tal caso il comportamento tenuto dal danneggiato si inserisce nel processo eziologico che conduce all’evento dannoso, divenendo un segmento della catena causale…*”.
La Suprema Corte, è laconica infine nel riconoscere come la condotta imprudente della Compagnia Assicuratrice determini a sua volta un inutile aggravamento della posizione della banca negoziatrice, maggiormente esposta alla possibilità di andare incontro a responsabilità, ovvero costretta (lei) a munirsi, per colpa dell’incauto comportamento di terzi, di strumenti tecnici sempre più sofisticati e costosi per l’identificazione dei presentatori ed il contrasto dell’uso di documenti falsificati.
La Corte a Sezioni Unite, riassumendo, esprime questo principio di diritto:
“La spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gli interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore”.